“Una grande opera per il Sud ma serve rilanciare l’idea dell’area dello Stretto e le sue infrastrutture”

La Cisl di Reggio Calabria e di Messina, con i segretari generali Perrone e Alibrandi intervengono nel dibattito sul Ponte dello Stretto:

 

Ancora una volta alla ribalta delle cronache arriva l’idea della realizzazione del Ponte dello Stretto. Questa occasione di dibattito è stata offerta dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha accennato, addirittura, ad un Ponte ‘sotterraneo’. Una sorta di tunnel per collegare le due sponde dello Stretto.
Al netto di valutazioni tecniche e di fattibilità per le quali, ovviamente, non entriamo nel merito è doveroso, però, aprire una riflessione che sfugga dalla retorica e da una appiattita ideologia di parte.
Non ci troviamo di fronte ad una sliding doors concettuale Ponte si/Ponte no.
Esiste il progetto Ponte, c’è uno studio di fattibilità che ha valutato l’esistenza dei presupposti ambientali ed infrastrutturali, ci sono penali da pagare a carico dei cittadini nel caso non si dovesse realizzare.
Ma insieme a coltivare una battaglia di campo per la costruzione di un Ponte dello Stretto, e per lo Stretto, la Cisl non può far finta che non esista anche un’Area integrata dello Stretto, per la quale non avevamo nascosto l’entusiasmo sincero alla nascita, sintesi di un percorso virtuoso istituzionale e da una forte sinergia territoriale tra la regione Calabria e la regione Sicilia. Forse uno dei pochi casi in cui le due regioni hanno lavorato fruttuosamente fianco a fianco.
Quelle furono, a nostro modesto avviso, le basi di un ‘ponte’ culturale, strategico e urbanistico tra le due sponde sono fondamentali insieme all’opera infrastrutturale.
Ma, ad oggi, cosa si è fatto per razionalizzare i presupposti dell’area integrata?
Un ruolo fondamentale in questo senso, lo avrebbero dovuto avere non solo le parti sociali e le istituzioni, ma anche le aziende di trasporto pubblico locale, reggina e messinese; perché proprio quest’ ultime, avrebbero dovuto sviluppare e rilanciare un quadro di servizi funzionale, moderno, efficiente e soprattutto ambizioso. Perché il bacino metropolitano è una porzione d’Europa dalle immense potenzialità e contestualmente al Ponte sullo (o dentro) Stretto, occorre gettare le basi per un’azione di valorizzazione degli assetti strategici dello Stretto, con strumenti adeguati – riqualificazione delle infrastrutture di prossimità per esempio – ad incentivare turismo e attrattività commerciali. Una grande idea come quella del Ponte dello Stretto necessita parallelamente di altre infrastrutture, stradali e ferroviarie, che garantiscano i collegamenti veloci con il resto del Paese e quindi dell’Europa.
Condizioni reali che, insieme alla costruzione di un Ponte, collegamento determinante per unire il Sud Italia all’Europa, consentirebbe a Messina e Reggio Calabria di guardare al futuro con un’ottica diversa.
Quel che è certo, ribadiamo con altrettanta convinzione, è la necessità che venga intavolato un serio ragionamento che metta al centro oltre che la grande opera – così come auspicato dal Premier Conte – il parallelo investimento nella realizzazione di una serie di infrastrutture e piattaforme logistiche che superi le quotidiane criticità per servizi e trasporti e faccia da base per la realizzazione del Ponte stesso.
Non accettiamo di coltivare un sogno senza una reale politica di sviluppo per le due sponde; dunque, niente più cattedrali nel deserto ma grandi ed armoniche progettualità fattibili.
Siamo a queste condizioni dunque pronti ad un confronto costante e ad un supporto di idee e proposte, affinché due contesti urbani, determinati come mai era accaduto in passato, possano avere un’unica visione d’insieme.
Rosy Perrone – Segretario generale CISL Reggio Calabria
Antonino Alibrandi – Segretario generale CISL Messina

Rosy Perrone su ‘No Tax Area’ per il sud: “Un effetto shock che farebbe ripartire la Città Metropolitana”

La fase post Covid deve essere gestita cogliendo le opportunità che derivano dai fondi europei del Recovery Fund e del Mes, qualora il Governo su quest’ultimo decidesse di procedere senza condizionalità stringenti. Perchè se così fosse, una nuova e vera occasione per il Sud si presenterebbe nella misura in cui i territori e le regioni del Mezzogiorno sarebbero pronte a far fronte unico alla sfida del futuro: accorciare il gap tra le due ‘Italie’. Le regioni del Sud con un ragionamento sinergico ed istituzionale e mai secessionista, con una misura shock potrebbero davvero seguire il passo dell’area del Nord Italia, il cui sviluppo ha tempi e processi molto più dinamici e più competitivi.

Giusto riprendere dunque la sfida del nostro Segretario nazionale aggiunto Luigi Sbarra, secondo cui una coraggiosa e intraprendente scelta politica di istituire una ‘No Tax Area’ per il Sud per dieci anni, rilancerebbe i territori e soprattutto la Città Metropolitana verso scenari inaspettati.

Una grande No Tax area sarebbe capace di lanciare un messaggio potente agli investitori del mondo, e darebbe al contempo, un reale sostegno ai tanti artigiani e piccoli imprenditori che ogni giorno fanno miracoli in territori difficili. Visto che il Governo sta lavorando sull’iniziativa di attrarre investimenti al Sud, infatti, deve essere consequenziale anche il concetto che a fianco di ogni misura di sviluppo, occorre una forte azione di contrasto alla criminalità mafiosa ed economica che purtroppo, viaggiano ormai troppo spesso  in parallelo.

I corposi investimenti che stentano ad arrivare soprattutto da comparto privato, sarebbero la prima leva con la quale risollevare la nostra periferia. Penso ai fantastici territori martoriati della provincia; godrebbero di uno strumento concreto per valorizzare le bellezze naturalistiche e storiche dell’area grecanica e ionica, dell’entroterra tirrenico, della costa reggina bagnata da due mari.  Non solo l’aspetto turistico verrebbe rinfrancato, ma l’intero indotto industriale e commerciale legato al Porto di Gioia Tauro. A più riprese ho sottolineato l’importanza dell’infrastruttura contestualizzata nel pieno dell’efficienza della Zes, ecco: una ‘No tax Area’ sarebbe il sigillo definitivo ad un dispositivo economico e finanziario ancora non  realmente entrato in funzione. Ma anche le altre infrastrutture godrebbero di un concreto aiuto di rilancio, dall’aeroporto ai collegamenti sullo Stretto. Questi sarebbero rinvigoriti da uno spostamento fisiologico di capitale umano ed economico.

Ovvio è che questo grande sogno di uno strumento di un’area a fiscalità di vantaggio, dovrebbe essere accompagnata da politiche armoniche rispetto alle reali ed impellenti esigenze del nostro territorio.

Dal miglioramento dei servizi essenziali, alla ripresa dell’edilizia con la riapertura dei cantieri, ad una qualificazione della sanità, con assunzioni e rigenerazione da parte del management commissariale, alla costruzione di un welfare reale che si prenda cura delle esigenze delle famiglie e delle fasce sociali più vulnerabili. Insomma un processo organico che tenga conto di azioni mirate ad un approccio si verticale ma anche e soprattutto orizzontale. Perché la ‘No Tax area’ anche se non dovesse risolvere gli atavici problemi della burocrazia, del deficit di infrastrutture, delle politiche di welfare per le famiglie, potrebbe svegliare la politica italiana dal torpore verso il Sud.

Rosy Perrone su Porto Gioia Tauro: “Bene incremento traffico Container, da oggi sia volano per la Zes!”

Non può che determinare ottimismo la notizia diffusa dal Sole 24 Ore dell’aumento, considerevole, del traffico Container del Porto di Gioia Tauro; anche perché questo dato arriva al tramonto di una fase storica per l’economia mondiale. Una ‘movimentazione’ aumentata del 40% rispetto al primo semestre del 2019; collocandosi ai livelli dei porti di Rotterdam, Anversa, Shangai e Tangeri.

La pandemia infatti avrebbe potuto incidere negativamente come è stato per quasi la totale restante parte dei comparti economici e commerciali. Ma per il Porto di Gioia Tauro, così non è stato. Dunque onore al merito, a chi – management e maestranze – ha saputo penetrare (invertendola) la tendenza che ha fatto registrare una crisi economica epocale.

Tra i porti del Mediterraneo, senza dubbio quello di Gioia Tauro è il più importante per infrastrutture, posizione strategica e dunque per efficienza; ragion per cui, sta assumendo sempre più la leadership nell’Europa meridionale. Il lavoro di riqualificazione e rilancio ha dato i suoi frutti, grazie all’ammodernamento del parco mezzi, alla demolizione di tre gru di banchina obsolete, al miglioramento delle banchine e di alcuni fondali al fine di rendere più agevoli e sicure le manovre delle navi che arrivano, le quali, in considerazione delle grandi dimensioni, hanno bisogno di una profondità di almeno 16 metri. Un complesso programma di sviluppo – come riportano i media regionali – che certamente servirà a rendere il porto maggiormente competitivo. Ma per essere costantemente competitivo rispetto alle sfide alle quali l’economia globali chiama, il Porto deve essere inteso anche come volano per la Zes, altrimenti lo sguardo verso il futuro sarà di relativa gittata.

La zona economica speciale, guidata da un comitato di indirizzo composto dal presidente dell’autorità portuale e da un team di esperti, deve valorizzare le enormi potenzialità del porto, attraverso la semplificazione dei procedimenti amministrativi per le aziende investitrici e al contempo, garantire l’esecutività dell’impatto delle misure agevolative in termini di defiscalizzazione e intercettazione di finanziamenti per e sul territorio dell’intera area.

La Zes, frutto di un’idea politica istituzionale dedicata al mezzogiorno, è finalizzata ad incentivare insediamenti imprenditoriali, per far crescere l’infrastruttura marittima e il suo indotto.

Ma oggi parlare della ZES non vorremmo potesse apparire come l’ennesima incompiuta del nostro territorio, piuttosto vorremmo invece, potesse essere percepita come un volano di sviluppo concreto. Ciò che si percepisce è che, ad oggi, molti sono i ritardi e le perplessità che evidenziano le contraddizioni che – ci chiediamo – sono da ascrivere solo alla governance delle ZES?

Al momento, così com’è oggi strutturato il Comitato di Indirizzo appare quasi ingessato, non svolgendo un ruolo di sprone in grado di incidere a favore della modernizzazione industriale delle aree ZES ma dopo tutta la foga pubblicitaria della istituzione pare sul tema che anche il governo non dia input perlomeno non evidenti; lo strumento è invece appetibilissimo per il Paese soprattutto oggi nella fase post Covid-19.

L’attuale meccanismo di incentivi della Zes prevede il credito d’imposta per  i  grandi gruppi industriali che fatturano miliardi di euro dunque  in una visione che veda la Zes di Gioia Tauro incastonata in un sistema paese che attui scelte di politiche industriali soprattutto oggi con l’ arrivo dei miliardi del Recovery Fund, noi pensiamo potrà essere un importante viatico per la ripresa economica del Paese non trascurando che anche la piccola e media impresa locale potrebbe avere un futuro serio che crei occupazione vera, quella che potrebbe rilanciare l’area di Gioia Tauro e non solo. Il nostro territorio ha bisogno di un’economia reale in grado di incidere concretamente nelle casse dei piccoli imprenditori affinché possano essere datori di lavoro di giovani altamente formati a questo proposito apprezziamo la vision del ‘Cefris’ che si sta attrezzando in questa direzione.

Occorrono reti, occorre un patto sociale affinché anche con Città Metropolitana e Regione Calabria si facciano interventi mirati a riqualificare la parte logistica ad oggi potenzialità inespressa. Con la riqualificazione di capannoni oggi in disuso e con la attivazione di vie di collegamento ad oggi poco curate e poco accessibili al resto della Calabria. Dalla zona ionica reggina al resto del territorio regionale, le infrastrutture stradali e non solo sono da adeguare.

L’area di Gioia Tauro deve inoltre, essere ben connessa all’aeroporto di Reggio (la cui non/fruibilità aprirebbe un altro tema scottante) e con quello di Lamezia e Crotone, proprio per essere in grado di attrarre l’attenzione e la convenienza di investitori che non ‘sentano’ lontano geograficamente ed economicamente un polo strategico come il Porto di Gioia Tauro.

La Zes – e il suo futuro – saranno il termometro delle opportunità per nuova occupazione e una fattiva crescita del lavoro competente. Senza questa prospettiva, anche la positiva attività di gestione della struttura Porto, rischia di essere contingente e non poter fare da moltiplicatore, senza politiche economiche di accompagnamento e sostegno all’indotto che essa genera invece la Zes potrebbe essere la chiave di volta. Non bisogna perdere questa occasione di futuro e si può fare assieme, in una rete pattizia di volontà reali al servizio del territorio metropolitano.